La storia
della corrida si perde nella notte dei tempi, tra tauromachia, caccia e gare
con tori e bovini di Greci, Etruschi e Romani.
Nell’800 d.C. si registrano le prime gare a Segovia, in Spagna. Da qui, una lunghissima
tradizione, protratta fino a oggi e, forse, conclusa.
Come funziona
una corrida, lo sapete tutti: tori provenienti da allevamenti specializzati destinati
ad essere pubblicamente uccisi da toreri che quasi danzano nell’arena, in uno
spettacolo atroce che attira, però, migliaia di turisti curiosi e popolazione
locale fortemente legata alla tradizione.
Prima dell’ingresso
del torero, dei picadores a cavallo entrano nell’arena e colpiscono il toro con
delle picche conficcate sulla schiena, in questo modo:
“Nel colpire il toro, il picador utilizza la vara de picar, una picca costituita da un manico in legno lungo circa 180 cm e una punta in acciaio forgiata a piramide a tre lati, fornita alla base di un disco anch'esso metallico che ha la funzione di impedire la penetrazione del manico nelle carni dell'animale. La legge spagnola 4 aprile 1991 n. 10 o Ley Nacional Taurina, che regola le corride, prevede che il toro venga colpito con tale arma alla base del morrillo, cioè nel muscolo del collo, almeno due volte. Alcuni tori continuano tuttavia a caricare cavallo e cavaliere dopo aver ricevuto anche cinque o sei puyazos (cioè colpi di vara de picar); in questi casi, in genere il picador rovescia la vara e colpisce il toro con il manico di quest'ultima (regaton).” (Fonte: Wikipedia)
Poi inizia
lo show e, quindi, il torero, tra determinati movimenti del corpo per attirare
il toro, maneggia un drappo di colore rosa intenso da un lato e giallo dall’altro
creando così un clima di suspense tra gli spettatori che tra “ooh”, “oh my god”
e applausi si godono il drammatico spettacolo. Alla fine, il colpo di grazia è
consegnato prima dal torero che, approfittando della debolezza del toro ferito,
gli conficca una spada tra le costole fino a raggiungere il cuore. Se dovesse
fallire nei molteplici tentativi, interverrà uno dei peones a finirlo con un
pugnale.
Nonostante l’opinione
pubblica e, in particolare, il popolo spagnolo siano divisi tra chi è pro e chi
è contro la corrida, un importante segnale è giunto lo scorso Ottobre dai
sindaci di Madrid e Valencia che hanno sospeso i finanziamenti pubblici alla
corrida, con lo scopo, in futuro, di abolirla del tutto, sull’esempio della
Catalogna che ha abolito gli spettacoli nel 2011. Una svolta animalista che
prende piede dai nuovi sindaci delle due città legati al movimento di sinistra
Podemos, di Pablo Iglesias.
Allo stesso
modo, il Parlamento Europeo, con 438 voti favorevoli e 199 contrari, ha
cancellato dal bilancio dell’UE i sussidi destinati agli allevatori di tori da
combattimento.
Tutta la
Spagna si sta pian piano mobilitando per porre fine alla mattanza dei tori;
infatti, molte città spagnole, tra le quali Palma de Mallorca, Hueca e Aldaia,
hanno chiesto il referendum per l’abolizione, altre città, come Gandia e
Saragoza, hanno bandito le corse con l’accusa di “maltrattamento sugli animali”.
Una decisione
importante che è arrivata fin oltreoceano, in Messico e Colombia, in cui la
tradizione della corrida è forte e ben radicata tra la popolazione.
Negli ultimi
anni, la corrida ha continuato ad attirare la curiosità dei turisti, ma non più
della popolazione spagnola, il che ha contribuito sicuramente a una presa di
posizione che va contro questa forma di espressione culturale tradizionale.
La domanda, alla fine, è: fino a che punto è lecito preservare la tradizione anche se crudele, inutile e contraria al buon costume?
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Sher
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