191 favorevoli. 2 contrari. 0 astenuti.
Lo scorso 27 ottobre, durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, gli Usa, insieme al fedelissimo Israele, ha votato contro la cessazione dell’embargo economico e finanziario contro Cuba. Di nuovo.
Già, perché dal
1992 al 2013, infatti, sono state approvate ventidue risoluzioni dell’Assemblea
generale dell’Onu di condanna all’embargo unilaterale da parte degli Stati
Uniti e questi ultimi hanno sempre votato “no”.
Nonostante, specie negli ultimi
anni, le più grandi autorità mondiali si siano pronunciate a favore della fine
del blocco contro l’isola, ritenendo che queste misure estreme abbiano
danneggiato non solo fortemente l’economia , la sanità, il turismo, lo sport
cubani (i danni diretti causati dall’embargo americano su Cuba ammontano a
oltre 70mila miliardi di dollari, saliti a 116 nel 2014), ma anche i rispettivi
statunitensi.
Nonostante il 97% dell’opinione pubblica cubano-statunitense sia
favorevole alla riapertura totale dei rapporti.
Papa Francesco di fronte alle Nazioni Unite |
Nonostante,
a dicembre 2014, si sia verificata un’importante svolta in occasione di uno
scambio di prigionieri che ha fornito il pretesto per la riapertura del dialogo
diplomatico tra i due Stati, fermo restando l’embargo economico. Alla base di
questo accordo c’è stato il consenso di Cuba al rilascio di Alan Gross,
contractor statunitense arrestato nel 2009 con l’accusa di spionaggio a Cuba e
condannato a quindici anni di prigione per aver distribuito materiale
elettronico alla comunità ebraica de L'Havana. Parallelamente alla liberazione
di Gross, è avvenuta anche quella di Rolando Sarraff Trujillo, importante spia
statunitense imprigionata da venti anni nell'isola. Gli Stati Uniti, in cambio,
hanno accettato di liberare per motivi umanitari tre agenti cubani, operativi
in Florida con l’obiettivo di controllare la propaganda dei gruppi anti-Castro,
in particolar modo quelli di Miami, detenuti dopo un processo controverso che
nel 2001 li ha condannati per spionaggio.
Insomma, io
ti do una cosa e tu, in cambio, un’altra, così facciamo la pace.
E allora perché
continuare con questa inutile presa di posizione che va avanti da oltre
cinquant’anni, da quando, nel 1962, gli Usa di J.F. Kennedy hanno
ufficializzato l’embargo già in atto da qualche anno, da quando Fidel Castro
nazionalizzò il petrolio e altri beni, concludendo, inoltre, un accordo
commerciale con l’Unione Sovietica?
Perché il
Presidente, da solo, non può fare tutto, ma ha bisogno del consenso unanime del
Congresso, che continua a negare una politica di distensione. Obama, dal canto
suo, grazie agli ampi margini di esecutivo, può comunque attuare delle misure volte
a modificare l’implementazione della politica di blocco contro Cuba. Ad esempio, autorizzando l’utilizzo del
dollaro statunitense nelle transizioni internazionali di Cuba o l’apertura di
conti corrispondenti in banche statunitensi da parte di entità cubane quali
banche e imprese; eliminando la politica di persecuzione finanziaria contro
l’isola; autorizzando esportazioni dirette a Cuba di prodotti statunitensi.
Mica male.
Tutti
sperano nella risoluzione dei contrasti diplomatici tra Washington e L’Havana,
o quasi.
Tutti si
augurano che la fine dell’embargo possa portare alla normalizzazione dei
rapporti tra i due Paesi, forse.
Tutti
auspicano a poter ricevere la giusta e dovuta assistenza sanitaria che il
blocco ha impedito per oltre cinquant’anni, portando alla morte centinaia di
persone per mancanza di cure adeguate, essendo gli USA i principali detentori
di case farmaceutiche.
Io, per il
momento, mi auguro che si possa trovare una soluzione adeguata che però non
permetta alla Coca Cola di esporre cartelloni pubblicitari grandezza-Colosseo
nelle strade de L’Havana.
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Sher
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