domenica 14 febbraio 2016

Il velo davanti agli occhi: intervista all'autore Massimiliano Felli

Interno del teatro San Carlo. Pur non essendo l'ambientazione del romanzo, rappresenta il lavoro o desiderio e di alcuni personaggi
Castrati, prime donne e prime uomini, canzoni e censura, Via Toledo e 'O mar in lontananza, Commissari boriosi e Ispettori ambiziosi, Ministri impiccioni e una buona dose di quel gusto per la teatralità che hanno reso famosi i napoletani nel mondo. Questi sono gli ingredienti di Il velo davanti agli occhi, il romanzo di Massimo Felli adatto per gli appassionati di giallo, canto, Napoli e storia. Un po' per tutti, quindi. Ora, però, è il caso di dare la parola all'autore.

1) Salve Massimiliano, parlaci un po' di te e del tuo percorso di scrittore.

Eccoci qua. Buongiorno a te. Comincio con qualche arida nota biografica, tipo quarta di copertina: ho trentun’anni, sono laureato in DAMS e in Lettere, ho fatto l’insegnante di latino e greco per un po’, ero borsista di Dottorato in Antichità classiche, nonché editor in una casa editrice che ora non c’è più (la crisi dell’editoria! Ne parliamo dopo, tanto so già che me lo chiederai…), e anche varie altre cosette, sempre in ambito artistico e umanistico. Oggi lavoro in banca, ma continuo a coltivare le mie passioni: del resto dove lo mettiamo Giuseppe Pontiggia, faccio per dire? E Italo Svevo? Pure lui – tanto nomini! – era bancario e scrittore. E, a proposito di gialli, Maurizio De Giovanni, che lavorava in banca prima di diventare un celebre autore di noir? (Bisognerebbe aprire una nuova branca di studi umanistici: un bell’esame di Letteratura Bancaria Comparata non ci starebbe bene nei piani di studi dei laureandi in Lettere!). Tutto questo per dire che non mi considero uno scrittore, il lavoro che mi sostenta è un altro. Si potrebbe pensare che una situazione simile sia penalizzante, e in effetti il tempo da dedicare alla scrittura non è mai abbastanza, però tali vincoli, tanto onerosi per me, sono una garanzia per il lettore: nulla di ciò che uno “scrittore” come me produce è casuale o tirato via stancamente per una qualche scadenza di contratto. Io se mi metto alla tastiera a scrivere un libro è perché proprio me lo sento sfuggire dalle dita. Altrimenti lascio perdere e vado a caricare la lavatrice, che ho un mucchio di camicie da lavare nella cesta!

2) Hai deciso di scrivere di un evento davvero accaduto. Come mai?

L’argomento mi interessava moltissimo: io sono un melomane, amo il teatro, ed ero molto attratto dall’opportunità di cimentarmi nella descrizione di un mondo affascinante come quello del melodramma ottocentesco, ricco di personaggi stravaganti, colorati, ricchi di personalità. E poi, come spiego nella nota storica finale – ecco, questo ci tengo a specificarlo: nella serie dedicata alle indagini del Commissario Cafasso (il secondo libro è in uscita e sto scrivendo il terzo) in calce ad ogni volume  c’è un resoconto delle mie ricerche storiche, perché il lettore possa, alla fine, capire fin dove mi sono attenuto al vero e da quale punto in poi mi sono lanciato nel vero-simile, ossia nel racconto di fatti romanzati ma plausibilmente ricostruiti secondo l’epoca in cui sono ambientati. Chiusa parentesi. Dicevo: nella scheda finale del volume racconto le vere biografie dei personaggi storici coinvolti nella mia finzione romanzesca e dichiaro, ed è la pura verità, che esse sono talmente interessanti da dare vita – per gemmazione, potremmo dire! – ad altrettanti romanzi, forse anche più divertenti del mio. Insomma vorrei che ognuna delle indagini di Cafasso fosse (a parte l’ingegnosità dell’intreccio “giallo”) uno scrigno di curiosità, aneddoti, piccole perle storiche, meglio se poco conosciute perché ancor più sfiziose. Giusto?

Il Ministro di Polizia Francesco Saverio del Carretto ci onora con la sua presenza!

3) Hai spesso usato un linguaggio colorito e a volte dialettale. Ti sei rifatto a fonti di qualche genere o hai tratto spunto dalla quotidianità odierna?

Beh, devi riconoscere che di termini in puro dialetto ce ne sono ben pochi, più che altro io lavoro sulla sintassi, utilizzando anacoluti, locuzioni plasmate sui modi dell’espressione in vernacolo, ecc., in particolare nel discorso indiretto libero, che è la sede deputata allo stream of consciousness, all’esposizione dei pensieri del personaggio. E noi italiani ragioniamo in dialetto, ci hai mai pensato? Io sono di Roma, e se qualcuno mi taglia la strada al semaforo posso anche apostrofarlo dicendo: “Il suo modo di guidare è inappropriato, caro signore”, per politesse, no? Ma nella mia mente risuoneranno espressioni ben più “sanguigne”, non so se mi spiego. Scherzi a parte, la ricetta che sto seguendo è l’uso di un italiano ricco, screziato di venature sintattiche vernacolari, ma ricco anche dal punto di vista dello sviluppo dei periodi: io questa paratassi cui molti ricorrono, questo scrivere frase-punto, frase-punto, lo trovo un impoverimento inaccettabile. La linea è sempre la stessa: da Manzoni a Gadda. Quelli sono i Numi tutelari, da tenere sempre presenti. Poi, certo, se mentre scrivo mi capita di sfogliare il Pasticciaccio va a finire che mi blocco, cancello quello che ho scritto e non tocco più il computer per qualche giorno… Beh, è il minimo.

C'è anche Adolphe Nourrit... più o meno


4) Cosa pensi del mondo editoriale e che prospettiva di crescita ha?

Eccola là, me l’aspettavo! Non c’è la domanda di riserva? Allora, affrontiamo l’argomento dolente: dico la mia esperienza. Io ho impiegato due anni a trovare un editore che si degnasse di leggere il manoscritto. Nessun altro aveva voluto neanche sfogliarlo. Il problema è che le case editrici sono sommerse (e lo so bene, perché anch’io ho lavorato nel settore) da valanghe di manoscritti spesso orrendi, e in quella melma tutto si perde. Sono orrendi appunto perché oggi tutti scrivono e nessuno legge. Ma sto dicendo banalità, cose risapute. La soluzione? Una soluzione “dall’alto” non mi pare che sia stata trovata, o forse non è stata neppure cercata. Io “dal basso”, nel mio piccolo, ho sempre letto molto e mi sono speso in moltissime iniziative per promuovere il teatro, la lettura… Speriamo bene, che ti posso dire? Ma non sono granchè ottimista. Tornando a Il velo davanti agli occhi, dopo moltissime mail automatiche di cortese rifiuto ho avuto modo di contattare Paolo Izzo, il titolare di Stamperia del Valentino, che ha letto (finalmente!) il libro, ne è stato entusiasta e mi ha chiesto di firmare per un’intera serie di gialli storici. Stamperia del Valentino è una casa editrice specializzata in saggistica sulla cultura e le tradizioni partenopee, andate a guardarvi il catalogo, è interessantissimo; ma non hanno mai pubblicato narrativa. Sorprendentemente, Paolo ha deciso di creare “Giallovalentino”, una nuova collana di narrativa gialla (comunque attinente al suo catalogo, dato il substrato storico che hanno i miei romanzi) e sono io che l’ho inaugurata! La cosa è stata davvero lusinghiera e lo ringrazio molto.

5) Quali sono i tuoi progetti futuri?

Ho tante idee, e chissà se le svilupperò tutte, e quando questo accadrà. Per quanto riguarda il Commissario Cafasso, spero che la serie andrà bene, e mi piacerebbe arrivare a mettere insieme almeno una tetralogia. E sarebbe molto bello anche riuscire a sbarcare sul mercato estero. Si vedrà! Incrociamo le dita. Anzi no, che devo andare avanti a scrivere il terzo romanzo…

Grazie per l'intervista e in bocca al lupo col prossimo romanzo!
- Ruel

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