[Questo articolo è stato scritto da un nostro collaboratore, Sergio Mario Ottaiano. D'ora in poi scriverà saltuariamente con noi di Storici&Salottiere]
La maggior parte dei lettori assocerà il nome Blur, storica band britpop molto popolare negli anni ’90, alla canzone dal titolo Song 2 presente nell’altrettanto storico videogioco FIFA ‘98. Il gruppo, in seguito all’abbandono di Damon Albarn, leader della band e fondatore dei noti Gorillaz, si sciolse nel 2003 con sommo dispiacere di tutti gli amanti del genere.
Dovranno passare dodici anni, prima della realizzazione di un nuovo album, ma finalmente il 24 Aprile 2015 viene pubblicato The Magic Whip: dodici brani intensi che mettono in risalto non solo i fasti dei Blur, ma anche l’enorme bagaglio di esperienze accumulate dai quattro membri dopo lo scioglimento.
L'album
La prima traccia del disco è Lonesome street, movimentata, d’impatto; è il brano che rievoca l’identità della band riportandoci al periodo d’oro che li ha resi famosi. New World Towers cambia subito registro rispetto al primo grazie ai suoni cupi che la collegano direttamente alla quinta traccia e alla settima: My Terracotta Heart. La quinta Thought I was a spaceman, è caratterizzata da un sapiente uso di suoni moderni, synth e loop: tipico dell’elettronica. Uno dei migliori pezzi dell’album, con un inizio calmo e un’ottima apertura sul finale. Go out, terza traccia, ricorda per sonorità e linea melodica il noto brano dei The Clash, Should I stay or Should I go, anche se le influenze elettroniche, i synth e i pad le conferiscono una propria identità.
Ice cream man, è un esperimento reggae-soul, una ballata movimentata che risente di troppe influenze, ma nonostante ciò orecchiabile. Al centro dell’album si colloca I broadcast lyrics, pezzo frizzante, ricco di chitarre in overdrive, che tira fuori l’anima garage-punk inglese della band. Successivamente The Magic Whipe sorprende ancora con There are too many of us: una lunga marca che catapulta l’ascoltatore in una sorta di mantra che cresce di pari passo con la musica.
L’esperienza di Albarn coi Gorillaz si avverte in modo evidente in Gosht Ship, brano dallo spirito reggae. In Pyongyang e Ong Ong, un vero e proprio inno alla gioia, i Blur danno prevalente importanza al testo che descrive la capitale della Corea del Nord, vista rispettivamente da dietro i vetri di una finestra e durante un momento di festa.
L'oriente dei Blur
The Magic Whip è un album che racconta l’oriente, fatto di luci, bellezze, modernità e di una grande mescolanza di culture e tipi umani diversi tra loro eppur uniti, che si rispecchia perfettamente nei diversi stili musicali presenti nelle dodici tracce: differenti ma legate insieme da un unico filo conduttore. Ma i Blur parlano anche di un oriente in cui l’uomo moderno perde la propria identità, si confonde nella vastità della folla nella quale si smarrisce diventando una sorta di automa privo di volontà.
Con l’ultima traccia Mirrorball, i Blur ci salutano: “I cried my eyes out, Hold close to me” dicono, come per dirci addio invitandoci a seguirli in futuro.
Un ottimo lavoro per una band che dopo tanti anni è riuscita a non deludere le aspettative dei suoi fan.
Sergio Mario Ottaiano
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