martedì 28 luglio 2015

#PersonalitàOggi AUNG SAN SUU KYI, LA FORZA DELL’AMORE

Birmania, 1945. Aung San Suu Kyi viene alla luce, figlia del generale Aung San, leader della frangia nazionalista del partito comunista della Birmania e Khin Kyi.

Si è sempre interessata della vita politica del suo Paese, probabilmente grazie al padre che era molto attivo. Soprattutto, dopo la sua morte segue la madre, divenuta ambasciatrice in India e figura importante sulla scena politica birmana, in tutti i suoi spostamenti e in tutte le sue operazioni.

La piccola Suu Kyi si ciba fin da piccolissima di pane e politica, ma la sua ascesa non è stata così semplice come potrebbe sembrare.

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Nel 1988 il generale Saw Maung instaura una pesantissima dittatura militare con un colpo di stato che porterà il Paese a vivere degli anni difficili, segnati dalla paura e dalla rassegnazione. Aung San Suu Kyi non vuole cedere e fonda la Lega Nazionale per la Democrazia. La sua fonte di ispirazione? Niente di meno che il Mahatma Gandhi, leader del movimento della non violenza. Politica che Suu Kyi adotta in opposizione al terrore imposto dalla dittatura militare in atto.

Come reagisce il regime? Condannandola agli arresti domiciliari fino al 1990, anno in cui vengono indette elezioni libere che segnano la vittoria schiacciante della Lega Nazionale. Tuttavia, i militari non accettano questa palese vittoria e con un nuovo colpo di stato tornano al potere.

Nell’anno successivo, il 1991, Aung San Suu Kyi riceve il premio Nobel per la pace che, però, non può ritirare perché condannata nuovamente alla semi-libertà: può decidere di abbandonare il Paese, senza però la possibilità di farvi ritorno. Non finisce qui: le viene negato il diritto di vedere il marito, malato di cancro, per un’ultima volta, perdendolo così senza poterlo abbracciare o stringergli la mano nei suoi ultimi respiri.

Ma Aung San Suu Kyi non è sola: tutti parlano di lei, tutto il mondo si interessa alla sua storia; le vengono dedicate canzoni da artisti del calibro degli U2 o dei R.E.M. (che, tuttavia, vengono censurati in Birmania).

La dittatura militare fa paura, ma fa ancora più paura la ripercussione internazionale che il caso di Suu Kyi sta generando.

Nel novembre 2010 è finalmente libera. Nell’aprile 2012 ha ottenuto un seggio nel parlamento birmano e a giugno dello stesso anno ha ritirato il Nobel per la pace.
La strada per la vera libertà è ancora lunga. Tuttavia, anche durante i lunghi anni degli arresti domiciliari, Aung San Suu Kyi non ha mai smesso di lottare per la sua Nazione, la Birmania, e ora, finalmente, può davvero concretizzare tutti i suoi sogni.

Volere è potere, anche se non è facile, anche se la strada è lunga e in salita, anche se tutti hanno smesso di crederci. Il mondo può davvero migliorare… Se solo ci fossero più Aung San Suu Kyi, anche se, in fondo, tutti possiamo esserlo!
Devo proprio aggiungere parole per spiegare perché è la donna che stimo e apprezzo di più, oggi?

 - Sher

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