martedì 29 novembre 2016

La guerra raccontata attraverso l’amore: “Sole alto”, tre storie in tre decenni





Qualche giorno fa, a Gorizia, ho visto “Sole alto”, Zenit (Zvizdan), un film bello. Anzi, bellissimo. Dovreste vederlo, e ora vi spiego perché.
Il Friuli è una terra di confine e Gorizia un po’ di più: puoi attraversare il confine e ritrovarti in Slovenia in appena quindici minuti. Esci da uno stato ed entri in un altro passeggiando. Ed è stupendo. Non ci sono barriere, non ci sono militari o forze dell’ordine schierate – in realtà sì, a volte, ma ormai non è più consuetudine. Comunque, non è di questo che vi voglio parlare. Parto da Gorizia perché, dicevo, è un luogo al confine tra due terre, il luogo in cui si è svolta, non a caso, la consegna del premio cinematografico “Darko Bratina” 2016. Quest’anno è stato assegnato al regista croato Dalibor Matanić per il film Zvizdan, del 2015. Film che ha ricevuto il Premio 2015 della giuria di Cannes Un Certain Regard.
Ambientato tra Serbia, Croazia e Slovenia, racconta la storia d’amore tra un ragazzo croato e una ragazza serba. Banale, si potrebbe pensare. E invece no. Le tre storie d’amore sono raccontate nell’arco di tre decenni e molto diversi dal punto di vista storico: 1991, 2001 e 2011. Tre storie indipendenti l’una dall’altra, ma recitate dagli stessi attori (Goran Markovic e Tihana Lazovic), con nomi e ruoli ovviamente diversi.

Il passaggio da un periodo storico a un altro rende perfettamente l’idea delle difficoltà che i due amanti vivono, soprattutto nella prima storia, ambientata nel 1991, all’ombra della guerra. Qui sì che c’erano i militari e, anzi, interferiscono in maniera anche brutale, essendo uno di questi il fratello della ribelle innamorata Jelena che tenta di fuggire con il “nemico”, il trombettista Ivan, cercando di sviare le assurde logiche della guerra secondo cui bisogna rimanere ognuno nella propria parte e nel proprio ruolo di oppositore. Un amore impossibile vissuto clandestinamente, ma non troppo, al di là e al di qua di un confine che, però, non ha fermato la passione.

Il balzo nel 2001 mette a fuoco la rinascita e il tentativo di ricostruire una vita di una mamma e una figlia che tornano nella casa natìa, distrutta dal tempo e dalla brutalità umana. La madre della giovane Nataša assume il carpentiere croato Ante per rimettere in sicurezza l’abitazione. Lei è diffidente, i croati hanno ucciso suo fratello, e ora il nemico è in casa. Lui fa il suo lavoro, non fa troppe domande, conversa spesso con la madre della giovane donna che presa da raptus di follia balza fuori casa, è scontrosa, ritiene Ante responsabile per il suo popolo. Intanto, in lei, cresce una controversa passione nei confronti di quell’uomo. Passione e fugacità senza remissione di peccati.

L’episodio più recente, del 2011, mette a confronto Luka e Marija, lui studente universitario messo di fronte agli sbagli adolescenziali, lei ragazza madre alle prese con un figlio diviso tra due culture. Lui tenta disperatamente di farsi perdonare, cercando di redimersi dagli errori commessi in gioventù. Dopo un intenso rave notturno, con le prime luci del mattino Luka tenta nuovamente di tornare da Marija. Una porta aperta e una nuova possibilità chiudono la scena.

Nel corso delle tre storie si ritrovano elementi comuni: un cane, l’acqua, il sole alto. I luoghi sono gli stessi, ripetitivi, le storie estremamente diverse tra loro.
Ho davvero apprezzato la maestria nel conciliare tre epoche diverse, segnate in maniera indelebile dalla guerra, sdrammatizzando in qualche modo il tema della violenza in contrasto con l’amore di giovani uomini e donne, vissuto in modo differente passando da un decennio all’altro.
Le musiche azzeccate, la natura che fa quasi da padrone, passione e violenza che si intersecano. “Sole alto” mi ha piacevolmente stupita, sono entrata al cinema senza troppe pretese, senza sapere realmente di cosa si trattasse, e ne sono uscita un po’ più ricca di prima. Assolutamente consigliato.

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- Sher 

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