mercoledì 14 settembre 2016

“The Lady. L’amore per la libertà”: la forza del Myanmar sul grande schermo



Ci sono personaggi che diventano gli idoli di grandi e piccini. Personaggi dei fumetti, cantanti, attori, persone politicamente e socialmente impegnate. È bello avere qualcuno come modello, qualcuno da apprezzare e di cui seguire l’operato, qualcuno che ci dia stimoli per credere che il cambiamento non è un’utopia, qualcuno che sia una guida per realizzare i nostri sogni.
"The Lady", 2011
Anche io ho i miei idoli, più di uno, soprattutto appartenenti al panorama politico di ieri e di oggi. Una delle persone che più in assoluto ammiro e seguo per un milione di ragioni si chiama Aung San Suu Kyi.
La sua storia la conosco a memoria, ne ho scritto su questo blog e in altre occasioni, quando si parla di lei tutto il resto non esiste e ogni sua parola, ogni suo gesto sono per me un enorme incoraggiamento per credere che volere è potere, che non tutto è perduto, 


che il mondo può migliorare, che non bisogna abbattersi di fronte alle prime difficoltà che       appaiono insormontabili.
Tenacia, coraggio e speranza.

"The Lady", 2011
Ieri, per la prima volta, ho visto la trasposizione cinematografica della sua vita. Diretto da Luc Besson, “The Lady” (2011) è un capolavoro di emozione e drammaticità. È la storia vera di una grande donna , interpretata magistralmente da Michelle Yeoh, che ha lottato per il suo Paese, sostenuta dal marito Michael che non l’ha abbandonata, mai, neanche nella distanza, neanche nella malattia, ma è sempre stato al suo fianco, spronandola ad andare avanti e a non arrendersi, proponendola come premio Nobel per la Pace, titolo ottenuto nel 1991 ma ritirato da Suu Kyi soltanto nel 2012, facendo da intermediario tra lei e l’opprimente regime militare che ha soffocato il Paese per oltre un quarto di secolo. Lui, professore e attento padre di famiglia, verrà portato via da una malattia, senza la possibilità di vedere la moglie per l’ultima volta, ma sempre vicino e pronto a sostenerla. Lei, figlia del leader democratico ucciso dalle forze militari, viene rappresentata nella sua sfera più intima. Nel film viviamo insieme a lei il dramma della violenta repressione in atto in Birmania, della perdita della madre prima, e del marito successivamente. Viviamo la solitudine degli anni trascorsi agli arresti domiciliari, senza la possibilità di un contatto con il mondo esterno, viviamo l’emozione del conferimento del premio Nobel per la Pace e il discorso tenuta in sua vece dal figlio Alex. E, infine, viviamo la sua vittoria, sostenuta dal popolo birmano e mondiale, e la determinazione di chi non si è mai arreso, seppur con tutte le debolezze umane.

Aung San Suu Kyi
 
Un film da vedere, ma, soprattutto, da vivere. Un film che fa riflettere perché racconta di una situazione drammatica e reale vissuta per decenni da un popolo inerme di fronte alla crudeltà di un regime che si è imposto con la forza. Una storia ancora lunga e da scrivere, ma che, ora, è pronta per essere vissuta al meglio.

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Sher


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