domenica 19 luglio 2015

Editoriale n° 8: A che serve ricordare?


Oggi ricorrono 13 anni dalla morte di Paolo Borsellino, il famoso magistrato che ha dedicato la sua vita alla lotta contro la mafia. A 13 anni da quell'evento che ancora ricordiamo con dolore e sgomento, si può dire che il suo sacrificio è servito a qualcosa?
Si e no. Anzi, più no che sì.

Potrei linkarvi una serie infinita di articoli, invitarvi a leggere una sfilza di libri e quotidiani per dare più valore a ciò che scrivo, ma Google lo sapete usare anche voi. Ogni giorno ci arrivano notizie su Mafia Capitale, sui soldi sporchi di polvere bianca che girano tra i palazzi delle nostre amministrazioni locali e statali, sulle giunte sciolte perché la maggior parte dei loro membri sono indagati per associazione mafiosa. E ancora. E ancora.
La mafia è un cancro, e come tale si annida in profondità nel nostro tessuto socio-politico. Dal 1992 ha imparato a nascondersi ancora meglio, a stringere rapporti sempre più stretti con coloro che contano. È talmente ben nascosta, che quest'affermazione sembra complottista anche a me che la sto scrivendo. Ogni volta che un boss latitante viene preso, subito altre due ne sbucano. Un'Idra di Infamia.

Prendiamo Roberto Saviano. Forse ispirato dallo stesso Borsellino e da una realtà sociale che lo opprimeva, a 24 anni si è presentato a Casal di Principe, nella tana del lupo, accusando i padroni del feudo. "Dovete andarvene!" urlava tra lo shock generale delle persone che non potevano credere alle proprie orecchie. Un grande. Un pazzo. O un grande pazzo.

Da quel giorno la vita di Roberto cambia e la sua nuova famiglia è diventata la scorta. Ha respiro solo quando va all'estero, ma ogni volta che torna in Campania è costretto a dormire in caserma. La camorra potrebbe ucciderlo, certo… e perché non l'ha fatto allora?

Borsellino è diventato un martire. Borsellino è osannato da tutti. Borsellino è un mancato santo.
Saviano, invece, è nu buffon. Non ucciderlo significa far venire il dubbio che effettivamente abbia detto cazzate solo per arricchirsi. Lui non è diventato il nuovo martire da cui prendere l'eredità, ma lo scemo da criticare perché va a parlare ad Amici e quindi incoerente perché aveva in passato criticato Berlusconi. La criminalità organizzata è risorta più forte di prima, una Sozza Fenice.
Quindi, se l'esempio di Borsellino può essere ancora utile a qualcuno che vuole imbarcarsi in una lotta contro la mafia, Saviano è l'esempio che ci dà la camorra per desistere. E nel frattempo cresce… nel silenzio e nell'indifferenza.

E invece dovremmo continuare a combattere e denunciare un realtà che diventa sempre più impossibile e che ora non è circoscritta solo a Napoli, Reggio Calabria e Palermo. È una nuova Questione Italiana, ora è veramente Cosa Nostra.

- Ruel

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