venerdì 4 dicembre 2015

Andrea Scanzi, tra romanzo e giornalismo

Classe 1974, Andrea Scanzi sbarca a Cormòns (Gorizia) per la presentazione del suo primo romanzo “La vita è un ballo fuori tempo”.

Giornalista, tra le altre cose, de Il Fatto Quotidiano, lo seguo da tempo con interesse e non mi sono lasciata scappare l’occasione per assistere all’evento, lo scorso 2 Dicembre. Il libro non l’ho letto, speravo riuscisse a convincermi lui stesso. E così è stato.
Il romanzo racconta l’intreccio delle storie del quarantenne Stevie, giornalista di provincia incapace di ribellarsi a un direttore dispotico; di nonno Sandro, ex partigiano e proprietario di una società che produce videogiochi; e del giovane Rayban, giornalista in attesa della chiamata alle armi.
Un incontro/scontro tra tre diverse generazioni e la constatazione dell’affinità intellettuale tra il ventenne e il novantenne, partigiani in secoli diversi.

Finalmente pronto per scrivere un romanzo, Scanzi ha coronato il suo sogno raccontando una storia in chiave satirica, ma con acuto ingegno, portando il lettore alla riflessione sulla società attuale.
Come afferma lui stesso, infatti, oggi ci troviamo in una situazione talmente paradossale da superare il paradosso stesso; quella stessa realtà in cui, troppo spesso, si accetta sistematicamente tutto ciò che accade, senza farsi domande, senza dire la propria opinione, senza pensare che forse non è tutto vero ciò che passa in televisione.

Andrea Scanzi a CormònsLibri

Da qui una splendida riflessione sul giornalismo, sollecitata dalle domande di Mario Brandolin, giornalista de “Il Messaggero Veneto”. In particolare, Scanzi racconta della difficoltà di rispondere al ventenne che chiede come muoversi per avviarsi al giornalismo. Fino a cinque, dieci anni fa con tanta bravura e un po’ di fortuna era relativamente facile riuscire a conquistare il proprio spazio su un quotidiano. Oggi, nonostante la rivoluzione informatica e l’approdo dei social network, è estremamente difficile emergere tra la moltitudine, essendo, inoltre, lo spazio disponibile davvero limitato.
Inoltre, il giornalista che riesce a farsi conoscere ha sicuramente una grande fortuna, ma, soprattutto, una grande responsabilità: deve avere il coraggio di esporsi e dire cosa ne pensa relativamente a un fatto di cronaca, politica, economia, sport. Quando il giornalista ritiene che un fatto debba essere commentato, deve farlo e deve avere come obiettivo quello di suscitare una reazione nel lettore, positiva o negativa, anche a costo di risultare sconveniente.

In conclusione, alla domanda “c’è speranza?”, Scanzi si ritiene scettico relativamente alla politica, a un nuovo senso di giustizia. Tuttavia, scomoda a dovere il maestro Gaber quando in “qualcuno era comunista” si esortava ad essere come i gabbiani, a provare a volare e spiccare il volo, mossi dallo slancio e dal desiderio di cambiare le cose. Perché, nonostante tutto, come ricorda Scanzi, l’Italia è piena di gente che lotta e ci prova, perché l’Italia è molto più bella di quello che ci fanno vedere i telegiornali, perché se non tentiamo noi di migliorare le cose, chi altro dovrebbe farlo?


Personalmente mi sento di ringraziare Andrea per le sue parole, inizialmente scoraggianti, ma cariche di una spinta verso il cambiamento. Il giornalismo è una cosa seria, i giornalisti seri, invece, una cosa rara.

- Sher

Nessun commento:

Posta un commento