Il 14
Ottobre 2015 è uscito nelle sale cinematografiche Suburra, di Stefano Sollima,
già noto al piccolo schermo con “Gomorra – la serie” e “Romanzo criminale – la
serie” e al grande schermo con “ACAB”. La sera stessa ero incollata alla
poltrona del cinema: due ore intense di alta tensione tra corruzione, sesso e
criminalità nella città eterna, Roma. Sullo sfondo, nel corso di tutte le vicende, l'accattivante brano degli M83, "Outro".
Ho avuto il
grandissimo piacere di scambiare quattro chiacchiere con Giacomo Ferrara, mio conterraneo, nel ruolo
di Spadino, un giovane Rom, spavaldo e arrivista, che cerca ingenuamente di
inserirsi in un sistema più grande di lui.
Giacomo Ferrara alla presentazione di "Suburra" |
Classe 1990,
originario di Villamagna (Chieti), Giacomo ha sempre avuto una naturale
predisposizione per l’arte: ha cominciato con spettacoli d’intrattenimento
nell’albergo di famiglia “Mammarosa” a PassoLanciano (Ch) e ha proseguito gli
studi liceali incentrati sull’arte dello spettacolo per poi approdare nell’Accademia
“Corrado Pani” a Roma.
Ciao Giacomo o, meglio, Spadino! Raccontaci
di questo personaggio.
Spadino è il
fratello del capoclan di una famiglia di zingari, gli Anacleti. Nel film non si
comprende in pieno il suo ruolo all’interno della malavita. Riesce a risolvere
alcuni problemi e gli capiterà un’occasione per avere un momento di gloria,
cercando di sfruttarlo al meglio delle sue possibilità e facendo anche dei
passi falsi che lo porteranno a subire conseguenze estreme.
Lavorare con Sollima, uno dei più grandi
registi italiani del momento, deve essere stato un vero onore!
"Spadino" sul set con il regista Stefano Sollima |
Stefano, dal
punto di vista tecnico, è un grande regista - fa delle inquadrature molto
istintive rispetto a quello che sente al momento-, ma, soprattutto, ha la
grande capacità di saper lavorare benissimo con gli attori. Sa esattamente cosa
vuole e riesce a lavorare sulle sensazioni portando gli attori al
massimo delle proprie capacità. È molto pignolo; già dai provini abbiamo
lavorato sui pensieri del mio personaggio. Mi ha aiutato tanto sul set avere un
regista come lui, essendo questa non la mia prima parte sul grande schermo, ma
la più importante.
Un cast importante in “Suburra”; cosa vuol
dire recitare insieme ad artisti del calibro di Claudio Amendola, Pierfrancesco
Favino ed Elio Germano?
Oltre a essere
grandissimi professionisti sono persone molto tranquille, umili. Ovviamente non
ho approfittato troppo di questo, non cercavo di dargli troppa confidenza sul
set, ma sono stato assolutamente a mio agio. Un bel lavoro di squadra; quando
ci sono dei professionisti così sul luogo di lavoro non senti la loro
“importanza”, ma sei a tuo agio e loro ti aiutano a lavorare al meglio.
Cosa hai provato al primo ciak?
La prima
scena girata è stata quella con Pierfrancesco
Favino; ero agitatissimo. Con Sollima si fanno tantissimi ciak; vuole sempre il
massimo e anche quando la scena è perfetta, cerca ancora il meglio. Il suo scopo
era che si aspirasse sempre al massimo delle proprie capacità, dando il
tempo necessario. Questo è stato possibile anche grazie alla produzione che lo ha
lasciato lavorare con i tempi da lui richiesti.
Pierfrancesco Favino e Giacomo in una scena del film |
Sei andato al cinema? Com’è stato rivederti
sul grande schermo?
L’ho già visto
due volte e probabilmente lo rivedrò ancora! È una grandissima emozione, come
sempre, vedere che il tuo lavoro è apprezzato. Sapere di essere lì, ma non
rendersene conto fino a quando non ti rivedi sullo schermo...È un’emozione
bellissima, soddisfacente.
Non sei nuovo sulla scena: ti abbiamo visto
al cinema con “La prima volta di mia figlia” di Riccardo Rossi e a teatro con “L’ultima
notte” e “Il sogno di una vita”, entrambi di Alessandro Prete.
“La prima
volta di mia figlia” è totalmente diverso da “Suburra”. È una commedia in cui
interpreto Riccardo da giovane, a 19 anni; un personaggio alla prima esperienza
sessuale, secchione e nerd che si ritrova a fare ripetizioni con la più carina
delle scuola e, in un modo o nell’altro, riesce a flirtare con lei. Comunque
reputo l’inizio della mia carriera professionale il primo spettacolo “l’ultima
notte”, del 2013, un testo contemporaneo che parla di orfani che vivono quella
che potrebbe essere la loro ultima notte in orfanotrofio; si tratta di orfani
di borgata che parlano romano, sono coatti, ognuno con le proprie dinamiche e
caratteristiche che trovano risposte alla vita in maniera diversa. È stato successivamente
rimesso in scena in una versione più estesa con “il sogno di una vita”, una
specie di secondo atto in cui gli orfani vivono i loro 30 anni e ritrovano
l’amicizia. Ho interpretato due personaggi diversi, il primo più coatto e
simpatico, mentre nel secondo ero un “poeta maledetto”, sensibile e timido, che
aveva come sfogo la scrittura.
Ti senti più legato al teatro o al cinema?
Sono due
cose indispensabili, secondo me. Il teatro ti fa crescere tanto perché ogni
sera devi riprodurre quella stessa sensazione e devi trovare il modo
di farla arrivare al pubblico e questa cosa ti riempie di stimoli nuovi e ti
incuriosisce; apre molto gli occhi. Il cinema ha sicuramente un fascino particolare,
una magia tutta sua; fin dai cartoni animati che vedi da piccolo sembra un
mondo dei sogni, incantato! Non mi sento di escludere nulla.
Grazie
Giacomo!
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Sher
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