venerdì 3 aprile 2015

Stephen King: come l'insonnia ha generato "Il Miglio Verde"

Cari amanti di storie e racconti,

leggendo un libro, ma anche vedendo un film o persino giocando ad un videogioco, vi è mai venuta la curiosità di come sono nate e cresciute certe storie? Ad esempio: “chissà come gli è venuto in mente?” o “chissà a cosa si è ispirato per questo personaggio?”. 
Con lo spirito da sognatore curioso, mi presto a scrivere questo articolo, prendendo come soggetto una di quelle storie “che se ti guardano negli occhi non ti lasciano più” (citazione del protagonista parlando di Coffey). 
Sto parlando de Il Miglio Verde di Stephen King.

                                                                                
Copertina del libro


Panoramica

La storia si svolge in un penitenziario a Cold Mountain durante la grande depressione americana, nel 1932. Ma in quell’universo, era l’anno di John Coffey, un uomo di colore grande e grosso dall’aspetto minaccioso, ma dal cuore puro, capace di autentici miracoli. Eppure, condannato a morte per aver apparentemente ucciso due bambine, si ritroverà nel braccio della morte vicino al francese Eduard Delacroix (omicida), al folle Wharton (omicida e tanto altro) e cambierà per sempre la vita delle guardie fino alla loro morte, persino quella di Mr. Jingles, il topolino.

                                                                                     
John Coffey nel film del 1999


Chi è John Coffey?

Chi è John Coffey? Un santo? Un uomo dotato di poteri di guarigione? Un angelo? Un messia? Queste sono domande che chi ha seguito la storia si è fatto più volte e insieme ai protagonisti.
La risposta, secondo me, o sta nel mezzo o da nessuna parte. Esaminando Coffey, possiamo percepire la sua umanità quasi allo stato infantile, un’ignoranza tale del mondo che lo circonda da farlo sembrare quasi stupido. Una “stupidità” che più volte lo porteranno a farsi fraintendere.
“Ho provato a rimediare, ma era troppo tardi” Questa è la frase che John dice allo sceriffo, quando è stato ritrovato con i due cadaveri delle bambine. Sappiamo e capiremo con il proseguire del film che in realtà ha provato a guarirle, ma che, appunto, era troppo tardi. Ma… rimediare. A cosa? Forse al male.
Credo, che la spiegazione più logica che mi possa dare e mostrare sia questa: al mondo esistono uomini malvagi, che causano dolore, morte e sofferenza, spesso con una personalità maligna e distorta. John è l’esatto opposto. Una rappresentazione del bene, del contrario di un uomo che vive godendo nel far del male.

King scrive storie a occhi aperti nel buio

Come è nato Il Miglio Verde? (Quanto segue è un estratto rielaborato dall’introduzione del libro, scritta dallo stesso autore).
Ogni scrittore ha un suo sistema, una sua personalità, un suo modo di vedere e ragionare. Se vi dicessi che scrivo storie semplicemente stando davanti al computer, non fatichereste a credermi.
Ma se vi dicessi che King ha concepito questa storia durante notti insonni al posto di contare le pecorelle, quanti di voi mi crederebbero?
Chi conosce abbastanza l’autore sa che egli soffre di insonnia, vi ha anche scritto un libro a proposito (Insomnia). Infatti è sua abitudine, “scrivere delle storie mentalmente” prima di andare a dormire.  Non parliamo di storie immaginate e abbandonate lì, ma veri e propri libri, da lui riletti e riscritti nella propria mente. A furia di fare questo singolare esercizio per curare l’insonnia, ci è scappata la storia che vi ho sopra menzionato. 
Non è stato sempre così. 


Romanzo a episodi

Inizialmente, nei primi anni novanta, King aveva in mente sì un gigantesco uomo di colore, solo che quando si avvicina la data dell’esecuzione questo comincia a interessarsi di illusionismo e proprio quando arriva il giorno, questo riesce a scomparire nel nulla. Il personaggio si chiamava Luke Coffey.
Ovviamente l’idea non convinceva neanche a King stesso, salvo per alcuni elementi. Non riusciva a farla funzionare. 
Così la riprese un anno dopo. Luke Coffey, l’aspirante mago, si trasformò in John Coffey, un guaritore. E l’io narrante, che prima era un vecchio detenuto che andava in giro con un topolino, è stato sostituito con Paul, il capo delle guardie. Mentre il topolino è diventato “Il signor Jingles”.
Pensate che da lì in poi il nostro carissimo scrittore abbia scritto con tranquillità? Ebbene no, lui stesso afferma che la storia per lui, seppur valida, era difficilissima da scrivere perché era ambientata in un contesto storico in cui King era abbastanza ignorante. E in più era super impegnato con altri lavori. 
Il Miglio Verde ebbe fortuna grazie ad un accordo con un produttore che propose all’agente di King (Ralph Vicinanza) un romanzo a puntate. E lì, Stephen, decise di usare come soggetto proprio Il Miglio Verde. Il successo fu grandioso e lui si ritrovò a concentrarsi a scrivere gli episodi successivi per non deludere i lettori sempre più numerosi. L’unica nota dolente era proprio questa, un romanzo a episodi risultava troppo costoso. Così un giorno si lavorò per farlo pubblicare come romanzo completo ad un prezzo ragionevole, che adesso lo troverete tra gli scaffali della vostra libreria preferita.
Personalmente, così giustifico alcune stranezze riscosse durante la lettura, in cui si ha più volte la sensazione di “ripresa” o “riassunto” o “chiarimento”. Probabilmente l’autore ha voluto aiutare i lettori durante il proseguimento.

In conclusione, una storia assai fortunata quanto bella, dolce e triste. E, come suggerisce lo stesso Stephen King, è sicuramente un’ottima storia da leggere prima di andare a dormire. 

- Roland

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